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Visualizzazione dei post da gennaio, 2022

Interculturalismo in prospettiva globale

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  È importante sottolineare che la prospettiva interculturale nasce da un'attenta lettura di tutti i processi sociali della realtà contemporanea, non solo di quelli legati all'immigrazione. Sarebbe infatti riduttivo pensare che la finalità dell'interculturalismo sia semplicemente la gestione delle relazioni tra cittadini e immigrati allo scopo di prevenire i conflitti e migliorarne la convivenza. Questo aspetto è indubbiamente centrale e qualificante, ma non esaurisce l'orizzonte della cosiddetta "intercultura", il cui significato più profondo è la costruzione di relazioni umane ricche e significative, fondate sull'apertura all'altro e sul dialogo. Non c'è bisogno, infatti, di aspettare l'arrivo degli immigrati per assistere a episodi di emarginazione e di discriminazione, perché ovunque possono essere eretti steccati.  Ogni volta che ci chiudiamo nel recinto mentale del "noi" (noi buoni, giusti, aperti, civili, progrediti...) innalzi

Oltre il multiculturalismo

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  Cogliere gli aspetti problematici insiti nel progetto multiculturalista non deve tuttavia tradursi in una chiusura di fronte alle richieste provenienti dalle diverse realtà culturali presenti nella nostra società, né nel disconoscimento del valore di risorsa che la differenza riveste all'interno dei rapporti umani. L'atteggiamento più corretto nei confronti della diversità è probabilmente quello di assumerla non come un punto di arrivo definito una volta per tutte e generatore di separazione, ma come un punto di partenza per impostare il confronto e la crescita comune. Per designare questo atteggiamento, contrario sia alla frettolosa assimilazione della diversità, sia alla rigida stigmatizzazione delle differenze, si è soliti usare il termine interculturalismo, o espressioni a esso equivalenti come "comunicazione interculturale" o "società policulturale". U  n atteggiamento che possa essere definito "interculturalista" deve muovere da due presupp

Il multiculturalismo è auspicabile?

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  C'è poi anche un altro aspetto del progetto multiculturalista che lo rende passibile di critica: esso riguarda non tanto la sua effettiva attuabilità, quanto l'opportunità, a livello teorico, dei principi che lo sostengono. Innanzitutto, sottolineare la necessità di riconoscere le "diversità culturali" presenti nella società e di tutelarne l'esistenza può essere di fatto un modo per rimarcare una distanza sociale tra noi e "gli altri" e attuare così, in modo più sottile, una forma di pregiudizio. In altri termini, dire che l'immigrato è "diverso", anche quando gli si riconosce il diritto di manifestare la sua diversità, può diventare un modo velato di dire "non voglio avere a che fare con lui". A tale proposito, lo studioso francese Pierre-André Taguieff (nato nel 1946) parla di razzismo differenzialista, per designare un atteggiamento diffuso nelle moderne società occidentali, consistente nella tendenza ad accentuare le differe

il multiculturalismo è possibile?

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  Il multiculturalismo è la ricetta adeguata per le odierne società multiculturali? Possiamo affermare che l'attuazione di una sorta di par condicio che metta le diverse comunità nella condizione di esprimere liberamente la propria specificità sia la strategia preferibile per migliorare la convivenza di gruppi differenti sullo stesso territorio? Molte persone guardano con simpatia a questa soluzione, perché colgono in essa una forma di rispetto nei confronti della diversità e la rinuncia alla deprecabile pretesa, purtroppo spesso vincente nel passato dell'Occidente, di giudicare gli altri basandosi su parametri "eurocentrici" e assolutamente inadeguati. Noi, si dice, non abbiamo il diritto di pronunciarci su norme e consuetudini di comunità diverse dalla nostra, né di impedire ai loro membri di attuarle; pertanto dobbiamo lasciare loro la facoltà di seguire le loro usanze, tenendo gelosamente per noi i nostri costumi occidentali, della cui bontà siamoconvinti; fermo r

East is east

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Primi anni ’70. La famiglia Khan vive nel piccolo sobborgo inglese di Salford, nel Lancashire. Il padre George, pakistano gestisce un negozio di fish’n’chips, “possiede” una consorte inglese (ma a casa ha lasciato la prima moglie) che gli ha dato sette figli. I figli sono stati educati all’insegna della più scrupolosa osservanza religiosa e della rigorosa obbedienza al capofamiglia. George Khan è un vero e proprio padre-padrone che da un lato (è pro-prietario di un fish&chips) vuole che i figli facciano strada all’interno della società britannica, dall’altro non ammette che ci si adagi nei corrotti costumi occidentali, rifuggendo dalle tradizioni della cultura pakistana e della religione islamica. Una simile situazione non può che generare dissidi, tensioni, incomprensioni e conflitti. La vita dei sette figli non è per nulla facile: il più grande per evitare un matrimonio combi- nato scappa di casa e viene “cancellato” dal padre (tanto che la sua foto tolta dalla parete lasc

Il valore della diversità

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  Il valore della diversità     L'idea di uguaglianza ha mostrato però ben presto la sua problematicità. Infatti, se è vero che i cittadini sono tutti uguali dal punto di vista di ciò che lo Stato richiede e offre loro, è anche vero che sono diverse le loro esigenze, e quindi le loro richieste nei confronti dello Stato stesso. Storicamente, il primo ambito in cui emerse questa "diversità" è quello della professione di fede, che fin dal Seicento fu causa di sanguinosi conflitti.  Nell'Europa dilaniata dalle guerre di religione, vincolata dal principio del cuius regio eius religio (in virtù del quale i sudditi erano tenuti a professare lo stesso credo dei loro sovrani), da più parti si avvertì l'esigenza di tutelare la varietà delle confessioni e delle forme di culto, anche di quelle socialmente minoritarie. Lo strumento teorico a cui venne affidato il riconoscimento di questa diversità fu la nozione di tolleranza, teorizzata tra il XVII e il XVIII secolo da diversi

Uguaglianza e diversità

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  Il valore dell'uguaglianza    Per molto tempo l'uguaglianza ha costituito la bandiera sotto la quale gli uomini hanno combattuto alla ricerca di un mondo diverso e migliore. Scaturito tra il XVII e il XVIII secolo dalle riflessioni degli illuministi, il valore dell'uguaglianza è invocato con particolare passione nelle battaglie della borghesia rivoluzionaria, in opposizione ai privilegi di classe della nobiltà e del clero (una delle parole chiave della Rivoluzione francese, insieme a "libertà" e "fraternità", è proprio "uguaglianza", égalité). Da lì è poi confluito nelle costituzioni dei moderni Stati liberali, come garanzia di giustizia e di democrazia: «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» recita, ad esempio, l'articolo 3 della nostra Costituzione. In questo senso l'idea d

Dalla multiculturalità al multiculturalismo

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Dalla multiculturalità al multiculturalismo La necessità di salvaguardare la diversità e di garantirne la libera espressione si traduce oggi, sul piano sia teorico sia operativo, nel multiculturalismo. Con questo termine si indica un progetto di tutela delle diverse culture presenti su un determinato territorio, tramite interventi legislativi e politici che assecondino le richieste da esse avanzate. Le esigenze possono essere molteplici, e svariati, di conseguenza, i provvedimenti che intendono rispondervi. un gruppo socialmente minoritario può desiderare assetti giuridici più rispettosi delle proprie specificità culturali (ad esempio, una minoranza linguistica può richiedere il riconoscimento ufficiale del proprio idioma), può invocare la rimozione degli ostacoli che gli impediscono l'effettivo esercizio delle libertà civili (ad esempio, una comunità religiosa minoritaria, a cui l'amministrazione locale non abbia concesso una sede per lo svolgimento del culto, può rivendicare

La globalizzazione

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 I flussi migratori non costituiscono però i soli spostamenti che, ai nostri giorni, favoriscono l'incontro e lo scambio tra persone e civiltà diverse. Nella società industriale avanzata, la sempre più stretta interdipendenza economica, politica e culturale tra le varie parti del mondo favorisce una mobilità sul territorio sconosciuta alle età precedenti, che stimola la diffusione e la condivisione di consuetudini e conoscenze. Persone che A fianco delle masse di individui che lasciano il luogo di origine in cerca di un'esistenza migliore, fuggendo da una situazione di disagio, esiste quindi anche una grande quantità di persone che si spostano per ragioni di tipo diverso: lavoro, studio, affari, svago e così via, per soggiorni più o meno prolungati. Ma nel mondo globalizzato non sono solo le persone a spostarsi. Lo sviluppo dell'industria culturale, e in particolare dei mass media, utilizza per gli scopi più disparati, produce un flusso continuo e consistente di informazion

I flussi migratori del '900

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  La delocalizzazione  Due eventi storici in particolare stanno alla base di questa trasformazione:    -  la decolonizzazione; - la crisi dei regimi totalitari a ispirazione comunista. Con il termine decolonizzazione si indica il processo che negli ultimi 60 anni ha investito i paesi afroasiatici che si sono affrancati dal dominio politico ed economico degli Stati europei che li avevano occupati militarmente nei decenni precedenti. Per capire a fondo il significato di questo fenomeno è però necessario ritornare brevemente alla seconda metà dell'Ottocento, quando molti Stati europei, mossi da fattori di natura economica e da motivazioni di ordine politico-ideologico, si avventurarono alla conquista del continente africano e rafforzarono i loro possedimenti in quello asiatico, già da tempo oggetto di iniziative di colonizzazione. Lungi dal sortire per gli Stati europei gli effetti sperati, la colonizzazione ebbe però conseguenze dirompenti sui paesi occupati. La spartizione dei terri

Gli effetti della colonizzazione

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    Alla formazione degli Stati moderni occorre aggiungere un fenomeno importante, che a partire dal Cinquecento produsse effetti decisivi sull'identità culturale delle differenti comunità. In seguito alle scoperte geografiche e alle navigazioni transoceaniche che misero in contatto l'Europa con territori fino ad allora sconosciuti, iniziò infatti una vicenda destinata a contribuire in modo significativo al globale processo di scambio e di contaminazione tra le culture: si tratta della fase moderna del fenomeno della colonizzazione, cioè l'occupazione, a scopo di popolamento o di sfruttamento economico, delle "nuove" terre da parte dei popoli "scopritori". Nel continente americano i primi a comparire furono gli spagnoli e i portoghesi, che già con il trattato di Tordesillas (1496) si spartirono il controllo del cosiddetto "Nuovo Mondo". I loro primi insediamenti, situati nell'America centrale e meridionale, erano finalizzati allo sfruttamen

Gli effetti dello Stato moderno

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Gli effetti dello Stato moderno Alle dinamiche di sovrapposizione e scambio tra culture differenti, già presenti nel mondo antico e medievale, l'età moderna aggiunse elementi decisivi, che conferirono alla questione della multiculturalità la configurazione e il significato che ancora oggi le vengono attribuiti. Il più importante di questi elementi è sicuramente la formazione dello Stato moderno. Essa ebbe inizio tra il Quattrocento e il Cinquecento e nacque dall'incontro di due processi complementari: -          l'accentramento del potere nelle mani del sovrano, che contribuì allo smantellamento dei vecchi domini e privilegi di tipo feudale;   -          la determinazione di confini territoriali precisi, in virtù dei quali vennero definite "sudditi", e successivamente "cittadini", di un certo Stato tutte le persone che risiedevano in una porzione di spazio determinata, ovvero quella in cui si esercitava la sovranità del monarca. La realizzazione di quest

Alle radici della multiculturalità

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Fin dall'antichità, però, le culture non si sono limitate a confrontarsi. Invasioni, guerre, movimenti di colonizzazione hanno, nel corso dei secoli, mescolato popoli e civiltà, e quello che o appare come una "cultura" è il risultato di elementi diversi e di percorsi complessi, che si perdono in epoche remote. Nel mondo antico l'incontro e la fusione tra civiltà diverse furono favoriti dalle grandi formazioni territoriali dell'epoca: -       1.   l'impero persiano, costituitosi nel VI secolo a.C., unificò sotto una medesima organizzazione politica e sociale popolazioni geograficamente e culturalmente distanti, dalla Tracia alla valle dell'Indo; -       2.   su quegli stessi territori, due secoli più tardi, nacque l'ambizioso progetto di Alessandro Magno (356-323 a.C.), che deliberatamente perseguì una politica di sintesi e di scambio tra le varie culture, ad esempio incoraggiando i matrimoni misti o adottando usanze praticate dalle popolazioni sottomes