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Visualizzazione dei post da maggio, 2022

Partecipazione politica

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  La partecipazione politica include tutte le azioni che i cittadini intraprendono liberamente allo scopo di produrre cambiamenti nella vita della collettività. Il fenomeno della partecipazione politica è molto antica e  esso risale alla democrazia ateniese, nella quale i cittadini liberi partecipavano direttamente alle decisioni della vita della pôlis (democrazia diretta). Nelle democrazie   attuali, invece, la partecipazione non può più essere diretta, perché lo Stato moderno ha un'estensione territoriale che le città greche non possedevano: pertanto il popolo, a cui appartiene la sovranità, oggi la esercita attraverso i suoi rappresentanti liberamente eletti.  la forma per eccellenza di partecipazione politica è quella delle consultazioni elettorali.  Oltre al voto, negli Stati democratici ci sono altre modalità per partecipare alla vita politici, che possono essere classificate a seconda dell'impegno che richiedono alle persone: ->  una modalità di partecipazione semplic

welfare state

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  Origini e principi Nella seconda metà del XX secolo, gli Stati europei sconvolti dalla guerra e dall'esperienza totalitaria ritornarono alla legalità e alla democrazia. In questo contesto storico si affermò un nuovo modello di rapporto tra Stato e società, efficacemente indicato dall'espressione Stato sociale (o Welfare State, letteralmente "Stato del benessere"), che rappresentò una tappa significativa del processo di integrazione tra Stato e società. Il Welfare State è lo Stato che non abbandona il cittadino, ma lo assiste in ogni momento della sua esistenza, fornendogli gratuitamente una serie di servizi essenziali (formativi, sanitari e assistenziali di vario tipo) a cui un tempo provvedevano le famiglie e le associazioni caritatevoli o solidaristiche. Storicamente il Welfare State fu messo a punto per la prima volta dal governo l aburista britannico tra il 1945 e il 1950 con l'attuazione del servizio sanitario nazionale gratuito .  Successivamente diffuse

STATO TOTALITARIO (Hannah Arendt)

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  Il Novecento ha conosciuto un esempio particolarmente significativo del processo di espansione dello Stato: si tratta dello Stato totalitario . Fenomeno politico del tutto nuovo, il totalitarismo si afferma nella prima metà del Novecento, quando, in nome di un'ideologia, alcuni Stati cominciano a regolare a tal punto la vita dei cittadini da imporre loro non soltanto le norme della civile convivenza. ma anche i valori e gli stili di vita. È dunque evidente che lo Stato totalitario è un sistema politico radicalmente opposto a quello rappresentativo (liberale e democratico), in quanto considera i singoli individui come meri elementi dell'organismo statale, che non deve provvedere alla loro tutela, ma anzi può servirsene per i propri fini.   Gli storici individuano le esemplificazioni più compiute del totalitarismo nel fascismo italiano, nel nazismo tedesco e nello stalinismo sovietico, tutti affermatisi, non a caso, nel periodo compreso tra le due guerre mondiali, cioè in un

Democrazia liberale

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  ln terzo luogo, bisogna elencare la democrazia liberale, che è la forma odierna del cosiddetto " Stato rappresentativo" , in cui non sono rappresentati i ceti sociali o le corporazioni economiche (come avveniva nel Medioevo e all'epoca dell'assolutismo), ma i singoli individui, considerati uguali di fronte alla legge. Gli Stati rappresentativi ereditano dalla tradizione liberale il principio fondamentale della separazione dei poteri e l'attenzione ai diritti civili dei singoli, visti come limite invalicabile dal potere statale; inoltre sono "democratici" perché assumono il principio della sovranità popolare ( "democrazia" significa per l'appunto "governo del popolo" ) come fonte del potere stesso. Nelle moderne democrazie, pertanto, i singoli individui, considerati uguali di fronte alla legge, sono titolari dei medesimi diritti politici. Tra questi, il più importante è senza dubbio quello che sancisce la libertà di tutti i citta

Monarchia costituzionale

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In secondo luogo, è da ricordare la monarchia costituzionale, le cui origini sono inglesi: esse risalgono al regno di Guglielmo III d'Orange e della moglie Maria, due principi  olandesi che nel 1689 posero fine al dominio personale assolutistico degli Stuart, restituendo al parlamento britannico le sue prerogative e ripristinando la libertà di esprimere le proprie idee politiche e di professare la religione protestante, che gli Stuart avevano cercato di estirpare dal paese. Il 13 febbraio 1689 Guglielmo e Maria giurarono fedeltà a un documento elaborato dai membri dei due rami del parlamento (la Camera dei Lords e la Camera dei Comuni), ovvero alla cosiddetta "Dichiarazione dei diritti" (Bill of Rights), che è considerata il modello di tutte le successive Costituzioni monarchiche dette "liberali", in quanto rispettose delle fondamentali libertà personali e politiche (di pensiero, di parola, di religione, di associazione). Non a caso, fu proprio nel quadro di ri

Stato assoluto

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La prima forma istituzionale di Stato moderno è stata la monarchia assoluta, il cui esempio più significativo è costituito dal regno di Luigi XIV di Francia (1661-1715), che rafforzò il potere centrale e monopolizzò i servizi. Il tratto essenziale di questa forma di Stato è l'accentramento del potere nella figura del monarca, che esercita in questo modo, direttamente o indirettamente, tutte le funzioni della sovranità. La legittimazione teorica dell'assolutismo si trova nell'opera di Thomas Hobbes, il quale ritiene che esso costituisca la soluzione necessaria per uscire dalla condizione di guerra permanente in cui si troverebbe per natura il genere umano. Lo Stato assoluto è per Hobbes l'esito di un patto irrevocabile, con cui gli individui cedono a una sola persona o istituzione la libertà totale di cui essi godono per natura, ricevendone in cambio pace e sicurezza. Questo patto decreta dunque una sottomissione totale degli individui al potere politico, che diventa co

Lo Stato moderno e la sua evoluzione

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Stato moderno e sovranità  La parola "Stato", adottata nel Principe (1513) di Niccolò Machiavelli (1469-1527) per indicare il potere politico organizzato, deriva dal latino status, termine usato originariamente per designare una "posizione" o situazione, tanto pubblica e collettiva quanto personale e individuale. Nell'espressione status rei publicae il termine indicava la situazione dello Stato (in latino res publica, cioè "cosa che riguarda la comunità"). Con il tempo, l'espressione res publica (da cui il nostro "repubblica") ha finito per designare  una forma di Stato specifica, quella repubblicana, per l'appunto. Per alludere al genere, e non solo a una specie particolare, si è adottato invece il termine status, ovvero "Stato', che contraddistingue il lessico politico dell'Europa moderna. Secondo Max Weber, il cambiamento di significato del termine "Stato" corrisponde a  un cambiamento radicale nella natura d

il potere

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Che cosa è il potere ln generale, con il termine potere si intende la capacità di ottenere degli effetti, di produrre dei cambiamenti o di esercitare un'influenza. Nell'ambito particolare dei rapporti interpersonali e sociali, il potere coincide con la capacità, posseduta da singoli o da gruppi, di modificare il comportamento di altri singoli o di altri gruppi. Da questa definizione possiamo ricavare due aspetti fondamentali del potere: • in primo luogo, si tratta di un concetto che non si riferisce a una cosa, a un'entità, ma che coglie una relazione tra due singoli, tra due gruppi o tra un singolo e un gruppo; • in secondo luogo, quello di potere è un concetto bifronte, perché si può riferire sia a un comando impartito da un uomo (o da un gruppo) a un altro uomo (o gruppo), sia a un semplice "poter fare", "essere in grado di".  Di tale duplice natura ognuno di noi ha senz'altro fatto esperienza fin da quand'era piccolo: lo sviluppo fisico e psi

MILGRAM: l'obbedienza e autorità

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  New Haven (Connecticut), una tranquilla mattina del 1961. Su un giornale locale compare un interessante annuncio: lo psicologo statunitense Stanley Milgram ( 1933-1984), l'epoca professore all'università di Yale. cerca 500 persone di sesso maschile tra i 20 e 50 anni, disposte a offrire, in cambio di 4 dollari più il rimborso spese, un'ora del loro tempo per partecipare a una ricerca scientifica su memoria e apprendimento. Chi fosse interessato trova nella stessa pagina il modulo di partecipazione da compilare e inviare. Comincia cosi uno dei più interessanti e al tempo stesso, inquietanti esperimenti di psicologia sociale. Milgram era all'epoca un giovane professore di 27 anni; a spingerlo a  condurre questa ricerca— che non verteva in realtà su memoria e apprendimento, ma sull'influenza sociale esercitata dall'autorità - era una riflessione sull'obbedienza come fattore importante nella genesi del comportamento, e soprattutto sulle forme più che l'obb

BANFIELD: UN OSSERVATORE A MONTEGRANO

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  Quando pensiamo a una ricerca antropologica, la nostra immaginazione è solita figurarsi scenari di studio "esotici", abitati da popoli molto diversi da noi. Ma, come ben sappiamo, per la ricerca antropologica contemporanea in qualche circostanza gli "altri" siamo noi, cioè la nostra cultura, i nostri modi di vivere. A testimonianza di questo contribuisce la lettura dell'antropologo e politologo statunitense Edward Banfield (1916-1999), autore del saggio Le basi morali di una società arretrata, pubblicato nel 1958. L'opera è il resoconto di una ricerca condotta tra il 1954 e il 1955 sulla popolazione di Chiaromonte, un paesino della Basilicata in provincia di Potenza, nel libro ribattezzato, per ragioni di discrezione accademica, "Montegrano". Quando giunse in Italia per condurre la sua ricerca -- accompagnato dalla moglie, di origini italiane, che lo aiutò a condurre le interviste — Banfield aveva alle spalle una lunga carriera di studioso e prof